" A Christmas Carol": plot


 

E’ la vigilia di Natale, e Mr Scrooge se ne sta seduto nel suo gelido ufficio a maltrattare il povero impiegato Bob. Non è migliore neppure il trattamento che riserva al nipote Fred che viene a trovarlo per invitarlo a celebrare il Natale con la famiglia. All’avido Mr Scrooge il Natale appare solo come una gran perdita di tempo e, soprattutto, un ostacolo per il suo obiettivo fondamentale: far soldi. Rabbiosamente accoglie, inoltre, tre dame che chiedono la carità per i poveri, in modo che tutti, anche i meno fortunati, possano celebrare il Natale. Scrooge è tagliente e scontroso, e dice loro che i poveri farebbero bene a morire, per risolvere il problema della sovrappopolazione. Anche il suo sottoposto, Bob, deve pregarlo per avere il giorno libero a Natale e trascorrerlo con il figlio malato, Tim.

Scrooge lascia quindi l’ufficio e si dirige, tutto solo, verso casa. E’ una notte buia e nebbiosa e, avvicinatosi alla porta di casa, egli ha l’impressione di vedere il volto del suo ex socio, Marley, deceduto da tempo. Una volta entrato in casa, in effetti, nonostante il suo graffiante cinismo, Scrooge deve fare i conti proprio con il fantasma del suo socio, che cerca di spronarlo a cambiare stile di vita. Lo avvisa inoltre, prima di scomparire, che durante la notte tre spiriti gli faranno visita e gli offriranno la possibilità di redimersi.

Scrooge va a letto e cerca invano di dormire, ma ben presto si materializza il primo fantasma, Christmas Past, il fantasma dei Natali passati. Costui conduce Scrooge in un viaggio a ritroso nel tempo, quando, bambino e quindi giovane uomo, non era ancora così cinico e tirchio. Rivede la sorella, morta in giovane età, e comincia a provare sentimenti. Ritrova anche Belle, la fidanzata che lo lasciò, annullando il matrimonio già fissato, proprio per il suo carattere freddo e crudele, dedito solo al guadagno. Scrooge a questo punto implora per avere una seconda possibilità con l’unico amore della sua vita, ma è tutto inutile. Subito dopo appare un secondo fantasma, Christmas Present, il fantasma dei Natali presenti. Questo spirito allegro e giovale lo conduce per le strade di Londra il giorno di Natale, dal nipote Fred, cui lui vorrebbe riunirsi (ma, essendo solo una visione, ciò gli è impossibile) e quindi nella povera casa del suo commesso Bob, che è pagato così male da Scrooge da potersi permettere un pasto assai misero anche il giorno di Natale. Scrooge è toccato da ciò che vede: il povero figlio Tim che gioca e scherza, nonostante sia malato; la moglie di Bob che maledice il datore di lavoro del marito per essere così avaro, e Bob che tuttavia lo difende, incapace com’è di odiare. Tim infine ha una crisi di tosse e sembra quasi che stia per morire. A quel punto Scrooge promette di aiutare questa famiglia, ma lo spirito non gli crede. Questa volta gli mostra una visione terrificante: un ragazzo malvagio, nel sacco di Babbo Natale, che ripete le parole di Scrooge “A morte i poveri!”. Scrooge è spaventato e si nasconde sotto le coperte.

Al rintocco dell’orologio, compare il terzo spirito, quello dei Natali futuri, Christmas Yet to Come. Questo spirito incorporeo, che si percepisce solo come una fredda presenza, mostra a Scrooge inquietanti visioni del suo funerale e della sua morte, in totale solitudine. Nessuno andrà ai suoi funerali perché lui non ha amici e, ancor prima, verrà trovato morto in casa da degli sconosciuti che ruberanno tutto e abbandoneranno il cadavere senza curarsene minimamente. Infine, il fantasma gli mostra Bob e la moglie presso la tomba del figlio.

Dopo queste terribili visioni e la certezza che, se non cambierà, morirà da solo proprio il giorno di Natale, Scrooge si risveglia, il mattino seguente, ed è un uomo nuovo. Si precipita per strada, e vive tutta la magia del Natale: va dal nipote, offre la carità alle tre dame per i poveri del quartiere e, soprattutto, aumenta lo stipendio a Bob, in modo che possa comprar cibo in abbondanza e possa festeggiare un degno Natale con la sua famiglia.


Confortanti i risultati del test d'ingresso della I M, come mostra il grafico a torta in calce.


i Risultati maggiori di 70/75 sono molto buoni, quelli inferiori ai 50/75 sono da considerarsi sufficienti.




Ci risiamo, si ricomincia! Buon anno scolastico a tutti, ben ritrovati e benvenuti in questo blog, che spero consulterete con regolarità come supporto allo studio a casa.

Le novità di quest'anno? Intanto, inauguro qui la sezione dei podcast, registrazioni delle lezioni più importanti che potrete quindi riascoltare, a casa. Per il momento ne ho realizzato uno, ma datemi tempo, ed arricchirò questa biblioteca virtuale.






Brooklyn, 1935. Angela, madre di quattro figli, è sconvolta dal dolore per la prematura morte dell'ultima nata. Il marito Malachy, dedito al bere, perde regolarmente i lavoretti che gli capitano. Frank, il maggiore dei figli, cerca di proteggere i più piccoli. Costretta dalla miseria, la famiglia McCourt torna allora in Irlanda dalla nonna materna. A Limerick affittano un piccolo e mal ridotto appartamento. Malachy è malvisto dai parenti di Angela perché è di Belfast e non educa i figli secondo la religione cattolica. In seguito a carenze di cibo e di carbone, i gemellini Oliver ed Eugene muoiono, e tuttavia Angela trova la forza per una nuova maternità e per ottenere un appartamento più grande. Intanto Frank va a scuola, fa la prima comunione, va al cinema a vedere James Cagney. Ma il padre spende al pub i pochi soldi che arrivano, e allora Frank comincia a lavorare come carbonaio. Per poco però, perché la polvere di carbone gli provoca una terribile congiuntivite. La situazione peggiora: Malachy sparisce, la nonna muore, i McCourt vengono sfrattati. Frank va a vivere dallo zio Pat, trova un impiego come fattorino, si innamora di Teresa, una ragazza malata di tisi, poi conosce la signora Finucane, la strozzina del villaggio. Quando costei muore, Frank trova del denaro a casa sua, lo prende, si ubriaca al pub, capisce che sta per seguire le orme del padre. Allora compra i biglietti per la nave e parte alla volta di New York. Alla vista della Statua della Libertà, capisce che la sua vita può finalmente cominciare.



Tratto dall'autobiografia (1996) di Frank McCourt, premio Pulitzer, sceneggiato da A. Parker con Laura Jones, è il film più algofiliaco e umido uscito da Hollywood alla fine del secolo, ma anche uno dei risultati più felici per coesione narrativa e intensità figurativa nella diseguale carriera del regista londinese. Nell'aggirare le trappole del verismo e del moralismo (nessun personaggio, nemmeno il padre irresponsabile e bevitore, è giudicato, anche se nel sottotesto è esplicita la denuncia dell'ottuso e meschino cattolicesimo irlandese), raggiunge una sorta di eroismo tragico, evidente nella figura di Angela “che la dura esperienza di vivere ha rinchiusa in una specie di sacra intangibilità” (Adelina Preziosi). Efficace direzione degli attori e notevoli i contributi della fotografia in grigio-verde (Michael Seresin) e della musica (John Williams).





Con i suoi 10.000 ettari, è il parco più grande d’Irlanda, creato nel 1982 per diventare Riserva della Biosfera dell’Unesco. Qui si possono ammirare l’antico branco allo stato selvatico di cervi rossi e l’aquila reale, reinserita da pochi anni. Composto da tre laghi,

( Lower Lake, Muckross Lake e Upper Lake) le cui acque torbose sono ricche di fauna, il parco si estende a sud dell’animata e turistica cittadina di Killarney. Sulle sue rive sorge il Ross Castle, del XV sec, eretto come residenza del clan dei malvagi O’Donoghues.

Il clan degli O’Donoghues fu l’ultimo a resistere alle forze di Cromwell. La leggenda narra che il loro capo dorma sonni profondi sotto il Lower Lake e si risvegli ogni sette anni, il primo maggio, per cavalcare su un bianco destriero sulle acque del lago. E’ credenza popolare che chi lo veda abbia il dono della fortuna per tutta la vita.



Il Kerry è la regione che più si avvicina all’Irlanda del mito, reame celtico di montagne nebbiose (ed, invero, imperdibile con la nebbia: una visione quasi mistica, anche in piena estate), Qui si nascondono rovine medievali, laghi glaciali, spiagge battute dal vento, arcipelaghi deserti, villaggi isolate e poche cittadine animate (Killarney, Killorglin). Il celebre Ring of Kerry è un circuito di 179 km e costituisce uno dei percorsi stradali più belli al mondo, nebbia permettendo, oltre allo Sky Drive del Connemara. Insieme alla Beara e alla Dingle Peninsula, fa parte di un gruppo di cinque piccole penisole che, per la loro forma, sono chiamate “the five fingers”, le cinque dita protese verso l’Oceano Atlantico. Il Ring of Kerry, come suggeriscono le guide, andrebbe percorso in senso antiorario, per evitare di trovarsi contromano rispetto agli autobus turistici. Per esperienza personale, pur in piena stagione vacanziera ho incontrato pochi autobus, e le strade sono eccellenti. Nulla a che vedere con le stradine tortuose ed i muretti infidi del Connemara…il Kerry è senza dubbio un percorso costiero di grande fascino, che si snoda tra scogliere a picco sul mare, loughs e montagne. Il ricordo più bello? Cookmachista Bay, la baia vista dall’alto, in un bel momento di sole.





Tra i numerosi meriti del film "Shakespeare in Love", oltre a quello di emozionarmi ogni qualvolta io lo riproponga ai miei alunni, è quel fitto intreccio tra biografia, vera o presunta, di William Shakespeare, e la creazione letteraria.
Il pluripremiato film ci presenta la tragedia "Romeo and Juliet" in divenire, influenzata da alcuni eventi della vita dell'autore, qui ovviamente romanzata. Will, infatti, sullo sfondo di una Londra elisabettiana rappresentata con grande cura, appare sofferente, squattrinato e privo di ispirazione. La sua vita è un alternarsi di puntate in taverna (dove il rivale Christopher Marlowe appare nel film così generoso da ispirargli alcune idee), fughe da creditori, incontri amorosi e relative delusioni. I teatri, il Rose in particolare, dove è ambientata gran parte della vicenda, vengono continuamente chiusi per il pericolo incombente della peste e quindi riaperti, ma grava pur sempre sul mondo dei teatranti un'accusa di immoralità che condiziona le scelte dei registi. Nessuna donna può recitare a teatro. Le parti femminili vengono quindi affidate a ragazzini imberbi, dalla voce ancora poco profonda.


Il "Romeo and Juliet" è solo un'idea, all'inizio della vicenda, nella mente di Will. Un'idea sfocata ed imprecisa, visto che, in realtà, egli pensa ad un titolo diverso, "Ethel, la figlia del pirata".
Solo dopo aver conosciuto Viola, splendida gentildonna che arde di passione per il teatro e, comprensibilmente, anche per Shakespeare, l'amore ritrovato gli dona l'ispirazione, e nasce, pagina dopo pagina, il capolavoro che tutti conosciamo.
Così come Romeo rischia la propria vita pur di restare in casa dei Capuleti, la notte del ballo, così Will incontra di nascosto Viola. Anch'ella, purtroppo, come Giulietta, è promessa dai genitori ad un altro uomo, l'altezzoso e decaduto Lord Wessex, che pensa a lei solo come a merce di scambio e fattrice di futuri figli. La ragazza ama talmente il teatro da travestirsi da uomo, svilendo le forme femminili. Sotto mentite spoglie, si presenta al Rose e ottiene la parte di Romeo da un Will inconsapevole della sua vera identità. Equivoci ed inseguimenti si susseguono a ritmo serrato, ma non li anticipo in questa sede per non guastare la sorpresa.
Riflettiamo però sulla scommessa lanciata dalla regina Elisabetta (anch'ella grande estimatrice del teatro di Shakespeare): può un'opera (dove peraltro le parti femminili sono recitate da ragazzi) rappresentare veramente e fedelmente la profonda natura dell'amore?
Immagino abbiate già una risposta, magari confusa, vista la poca esperienza di vita che ancora avete (e mi rivolgo, ovviamente, ai miei alunni). La risposta vera la svelerà il film. Alla fine.
Buona visione!



Nell'anno 1280 la Scozia rimane senza eredi al trono. Ne approfitta il re d'Inghilterra, Edoardo I Plantageneto, che mette in atto un piano per estendere i propri domini. In un'imboscata fa uccidere molti nobili scozzesi pretendenti al trono. Rimasto orfano, il giovane William Wallace viene affidato alle cure dello zio paterno Argyle, che gli insegna il valore della cultura prima ancora di addestrarlo al combattimento.
Molti anni dopo, William ritorna al suo villaggio, e qui ritrova amici d'infanzia e la bella Murron, la bambina che, al funerale del padre, gli aveva donato un cardo. (simbolo della Scozia, ndr). William e Murron si innamorano e si sposano di nascosto. Tuttavia, pochi giorni dopo la ragazza viene catturata da un gruppo di soldati e, poiché ha osato reagire, con l'aiuto di William, viene sgozzata. Da quel momento William chiede solo vendetta. Innanzitutto uccide l'assassino di Murron e i suoi sottoposti dell'esercito inglese. Molti Scozzesi, membri di altri clan, si uniscono a lui nella ribellione.
Nel frattempo, in Inghilterra re Edoardo fa sposare il figlio con la principessa Isabella di Francia. Si tratta, ovviamente, di un matrimonio combinato, anche perché il giovane sposo manifesta gusti sessuali particolari.
La prima battaglia tra scozzesi ed inglesi si combatte nei pressi di Stirling, ed è vittoriosa per William ed i suoi seguaci. La seconda battaglia, combattuta a Falkirk, è invece disastrosa: alcuni nobili scozzesi tradiscono Wallace, preferendo schierarsi dalla parte degli inglesi. Sono nobili corrotti, comprati dal denaro e dalle promesse del Plantageneto. Tra costoro, una figura di spicco è Robert de Bruce. Il giovane prova un'istintiva ammirazione per William e per i suoi ideali di libertà, ma il padre, malato di lebbra, cerca di raffreddare i suoi entusiasmi e lo convince ad un doloroso voltafaccia. Nell'ultima imboscata tesa a William, proprio Robert de Bruce viene usato, a sua insaputa, dagli altri scozzesi per attirare Wallace nel castello di Edimburgo. Qui William viene catturato e condannato a morte, previe atroci torture. Nel momento della morte, crede di rivedere, tra la folla, l'amata Murron. William non invoca mai pietà, ed il suo ultimo grido liberatorio inneggia alla libertà della Scozia. Per questa ragione, dopo la sua morte, Robert de Bruce, divenuto re, abbraccia la sua causa e conduce l'esercito degli scozzesi contro il Plantageneto.

(Grazie a Matteo R., classe II M, per il suo contributo!)


Il Globe fu uno dei primi teatri ad essere costruito "dentro le mura", ovvero all'interno della città fortificata. Fu una conquista graduale: in effetti, i teatri ed i teatranti erano, all'epoca, circondati, o meglio accompagnati, da un alone di scarsa rispettabilità. I teatri erano considerati luoghi immorali, poco consoni specialmente alle donne. Non è un caso che fosse vietato recitare alle donne, con conseguenze immaginabili sul "realismo" e credibilità delle opere: i meravigliosi ruoli femminili pensati da Shakespeare erano affidati, per forza di cose, a ragazzini imberbi, dalla voce ancora poco profonda.

Ma procediamo con ordine.
Quello che vediamo, oggi, sulle rive del Tamigi non è il teatro originale dove Shakespeare lavorò, come drammaturgo e come attore. E' una ricostruzione, per quanto fedelissima, di quel teatro che andò distrutto in un incendio all'inizio del '600. Ricostruzione fortemente voluta da un americano, tale Sam Wanamaker, al quale è dedicata una targa "in memoriam" all'ingresso del teatro. La struttura, in legno e tetto in paglia, era in effetti facilmente preda delle fiamme. Per questa ragione gran parte del Globe è a cielo aperto, senza un tetto vero e proprio: la luce diurna doveva filtrare ed illuminare il palcoscenico, per evitare l'uso di pericolosissime torce (preoccupazione legittima, ma era destino che il Globe finisse distrutto in un incendio). Ne consegue che tutte le rappresentazioni avvenissero durante il giorno, e mai di sera.
Curiosa ed interessantissima la struttura interna del luogo, che condizionò anche il carattere delle opere. Come spiegare, altrimenti, il perché dell'inserimento di scene comiche, al limite del volgare, in tragedie appassionate e tristissime, come il "Romeo and Juliet"?

Il grande miracolo del '500 inglese, l'epoca elisabettiana, miracolo dovuto, senza dubbio, anche al genio indiscutibile di Shakespeare, fu il riuscire ad attirare a teatro TUTTI i ceti sociali. Senza distinzione di classe, disponibilità economica o titolo di studio, tutti frequentavano il Globe. Anche gli analfabeti, che mai avrebbero potuto leggere un'opera di Shakespeare, ma che certo l'avrebbero potuta apprezzare dal vivo, anche per l'inserimento di piccole "chicche" comiche, volute dall'autore, per rendere gradevole a tutti ogni sua opera. I meno abbienti restavano in piedi, accontentandosi di pagare uno scellino per stipare il cortile, ai piedi del palcoscenico. I più ricchi ed i nobili, per qualche scellino in più, potevano invece sedere sulle panche di legno (niente velluti o poltroncine, naturale evoluzione della storia del teatro in epoche successive), coperte da un tetto, per riparare da eventuali intemperie anche le teste coronate (pensate che la regina Elisabetta I in persona amava nascondersi tra la folla ed assistere alle rappresentazioni senza farsi riconoscere).

Il palcoscenico era suddiviso in tre parti: l'apron (che significa letteralmente "grembiule" era la parte sporgente, verso il pubblico), il backstage corrispondeva al "dietro le quinte", dove gli attori si preparavano, ed infine l'upper stage serviva per scene sopraelevate, come la scena del balcone, nel "Romeo and Juliet".

Una curiosità: la prima attrice donna comparirà in una tragedia di Shakespeare, l'"Otello", solo nel 1660, quando i teatri, dopo un ventennio circa di chiusura ordinato dai Puritani, riaprono e rispolverano le grandi tragedie di Will (lo chiamiamo così, affettuosamente...). Eppure, la grande magia dell'epoca elisabettiana era svanita. Da lì a breve, i teatri sarebbero divenuti luogo d'elite, per aristocratici ricchi e viziati, escludendo per sempre i ceti sociali più deboli. Anche i contenuti ne avrebbero risentito. Non è un'eresia dire che, dopo le altissime vette di poesia raggiunte da Shakespeare, il teatro inglese dovrà aspettare tre secoli, sino a fine Ottocento, per ritornare a nuova vita, con personaggi di spicco come Oscar Wilde e George Bernard Shaw.