William Wallace è una figura di spicco nella storia scozzese.


Nel 1296 il re d’Inghilterra Edoardo I era stato costretto ad abbandonare le impopolari imprese in Francia per volgersi - con una sua prima campagna- con tutte le forze del regno contro la Scozia, nemica vicina quindi nemica per tutti gli Inglesi.

Dopo una prima vittoriosa campagna del 1296 (dove sconfisse gli Scozzesi e ne depose il re, John Baliol), ottenuto il giuramento di tanti nobili, Edoardo I credeva d'aver la Scozia in pugno. Cominciò invece un periodo di disordini e soprusi, il modo più sicuro di provocare un'insurrezione. Ma ad essa mancavano capi: i grandi nobili scozzesi erano in esilio; gli altri, impegnati dal giuramento di fedeltà, non osavano muoversi.

In quel periodo si fece notare un piccolo proprietario delle Lowlands occidentali, poco più che venticinquenne, William Wallace. E’ difficile formulare un giudizio sul carattere e sul patriottismo di Wallace - uno scampaforche, un assassino crudele secondo i cronisti inglesi; secondo gli Scozzesi un eroe generoso, gigantesco, di forza incredibile, che fendeva i nemici dalla testa ai piedi con un sol colpo di spada.

Si narra che soldati inglesi avessero offesa (o uccisa) una donna che egli amava: da un rancore personale egli divenne quindi il paladino dell’indipendenza della Scozia. Nel 1297 un esercito di 30000 inglesi marciò su Sterling: il re inglese voleva infatti approfittare del trono scozzese vacante.

Lo Scozzese Robert de Bruce si autoproclamò re; nel frattempo gli uomini di Wallace attaccarono gli Inglesi e li massacrarono. il poco più che venticinquenne Wallace, divenne improvvisamente il capo della rivolta nazionale, tentando di organizzare lo stato e di consolidare la spinta indipendentistica.

Tuttavia gli Inglesi ritornarono un anno dopo e William Wallace fu impiccato a Westminster : le sue membra vennero esposte, come monito, in ogni punto cardinale del regno. Ma la sua figura assurse nei secoli seguenti a simbolo della libertà scozzese e divenne protagonista di saghe e ballate popolari, nonché del famoso film “Braveheart” con Mel Gibson.





Il castello di Edimburgo risale al XII secolo e domina la città dall’alto di una collina: per questa ragione fu a lungo considerato una roccaforte inespugnabile dei barbari Scoti.


Nei sotterranei del castello sono ancora presenti i resti di una prigione dove, nel corso dell’800, venivano rinchiusi i ribelli americani (ad uno scozzese, John Paul Jones, viene attribuita la paternità della Marina americana).

Altri passaggi segreti conducono alla fossa dei leoni che era posta a protezione della stanza del re. La salvaguardia del sovrano era di fondamentale importanza: per questa ragione gli alloggi del re si trovavano all’interno di una torre fortificata, scavata a 18m di profondità. Questa torre originaria venne distrutta nel XVI secolo a causa di un pesante bombardamento degli inglesi.

Il One O'Clock Gun spara tutti i giorni, esclusa la domenica, alle ore 13,00 per consentire agli abitanti di Edimburgo di regolare l'orologio. L'origine di questa tradizione risale ai tempi passati quando i velieri che stazionavano nel porto di Edimburgo avevano bisogno di una fonte ufficiale per regolare i loro orologi di bordo.



La capitale della Scozia vanta secoli di storia, e non solo per quanto riguarda gli edifici in superficie: la storia segreta del sottosuolo è particolarmente interessante.


La costruzione della città si rivelò, sin dall’inizio, una vera impresa: lo spazio era esiguo, e mancavano ampie aree pianeggianti. Edimburgo divenne quindi la prima città a sviluppo verticale, fatto di per sé inusuale, del Regno Unito: a fianco del Royal Mile vennero infatti costruiti palazzi a più piani dove abitavano, in una strana commistione di ceti sociali, ricchi e poveri (ai poveri andavano le soffitte, freddissime in inverno, e gli appartamenti al piano terra, umidi e insalubri; ai ricchi i piani intermedi).


Royal Mile

Il Mary King’s Close si trova 25 m al di sotto del Royal Mile ed oggi offre un interessante itinerario turistico nelle viscere della città, con guide in costume medievale. In origine il Royal Mile fu costruito su una collina vulcanica. Da qui si dipartono i Close, vicoli laterali che portano al Waverley Bridge, che collega la Old Town con la New Town.



Mary King's Close

I popolani non avevano fognature né raccolta di nettezza urbana, quindi i liquami venivano scaricati direttamente in strada (si dice che il termine inglese loo “gabinetto” derivi dall’espressione francese “garde de l’eau!”, “attenzione alle acque”, con cui veniva annunciato lo scarico dei liquami). Il Mary King’s Close era quindi una fogna a cielo aperto, terreno fertile per le epidemie: in questo labirinto segreto la peste infuria per anni e la zona viene messa in quarantena. C’è addirittura chi sostiene che gli appestati siano stati murati vivi in casa. La copertura dei quartieri poveri alla fine del 17° secolo è conseguenza anche della necessità di spazio: la città si espande verso l’alto, i vicoli diventano seminterrati al di sotto delle nuove strade innalzate per sostenere il peso di nuovi edifici. Il quartiere sotterraneo viene quindi sfruttato come fondamenta e occulta le tracce di un triste passato.

L’incredibile incremento demografico che vive Edimburgo alla fine del ‘700 comporta nuove costruzioni al di fuori della cinta muraria. La città si allarga in ogni direzione, con una serie di ponti che curiosamente non attraversano corsi d’acqua, ma servono a bilanciare un terreno troppo scosceso. Il South Bridge nasconde al di sotto un grande labirinto con negozi, abitazioni ed addirittura distillerie illegali di whisky, collocate nei sotterranei per evitare le ingenti tasse governative: delle molteplici distillerie di whisky, solo otto erano legali. Le altre, nel South Bridge, erano luoghi oscuri, facilmente sorvegliate dai contrabbandieri. A causa delle infiltrazioni, tuttavia, i commercianti si allontanano e la zona viene occupata da clandestini senza tetto e prostitute. Qui due killer spietati, Burke e Hare, diventano cacciatori di cadaveri a pagamento da offrire agli studenti di anatomia della prestigiosa Università di Edimburgo (ancora oggi la locale facoltà di medicina è assai rinomata nel Regno Unito). All’inizio del ‘900 le cripte sono definitivamente abbandonate e interrate e solo di recente sono state riportate alla luce.


Ebbene sì, sono ufficialmente fissata! Da un'asta su Ebay ho comprato, per la modica cifra di €19, l'imitazione dell'anello di Kate Middleton...

And here it is...





Edinburgh Castle

E’ la top attraction di Edimburgo, che sovrasta dall’alto di una collina all’interno della magica Old Town, il nucleo originario e medievale della città, cui solo nel ‘700 fece seguito la New Town, caratterizzata da seriose e grigie architetture georgiane. Per visitarlo, quindi, munitevi di pazienza infinita: la coda è lunga, specie in agosto, mese del festival teatrale che viene ospitato all’interno del castello. All’ingresso, l’iscrizione “Nemo me impune lacessit” (nessuno mi provoca impunentemente) e le statue di due figure importantissime nella storia scozzese, il ribelle William Wallace ed il re Robert de Bruce. Il cortile ospita armi e cannoni autentici della Seconda Guerra Mondiale ed un curioso cimitero dei cani dei soldati (esempio non unico della sensibilità britannica per i nostri amati compagni: anche nel bellissimo cimitero londinese di High Gate, scelto da molti registi per girarvi film horror, accanto alle lapidi di signore vittoriane vi sono le piccole tombe dei loro pets).



All’interno del castello, the Honours of Scotland, ovvero i gioielli della Corona scozzesi (spada, scettro e corona): oggetto del contendere tra Scozzesi ed Inglesi, i gioielli furono sottratti ai loro legittimi proprietari dagli odiati Inglesi e solo in un secondo tempo recuperati e riportati in loco. Il castello, dal quale si gode una splendida vista della città sottostante, è stato per secoli considerato una meta inespugnabile proprio per la sua posizione sulla sommità di rocce impervie e scoscese. Si racconta anche che la camera da letto dei sovrani fosse protetta da una fossa dei leoni, per impedire l’accesso di ospiti indesiderati. The Castle si trova all’estremità del Royal Mile, la strada che conduce ad un altro celeberrimo castello, Holyrood House, dimora della Regina Madre e sede, ancora oggi, di molte cerimonie ufficiali: qui Elisabetta II nominò Sir l’attore scozzese Sean Connery.

Eilean Donan è la meraviglia delle Highlands, ed il castello più fotografato di Scozia, per il paesaggio mozzafiato che lo circonda. In questa terra selvaggia, di monti e laghi, posta all’estremo Nord della Scozia, la fortezza si erge su un isolotto, alla confluenza di tre laghi marini. Abitato sin dal VI sec, le fortificazioni vere e proprie risalgono al XIII secolo.

Eilean Donan


Urquart Castle sul Loch Ness è da sempre considerato punto di osservazione privilegiato per la caccia a Nessie. Le rovine del castello si trovano infatti sulla sponda dell’enorme lago, nel quale ancora la scorsa estate fu interdetta per qualche tempo la navigazione per movimenti sospetti sott’acqua. E la leggenda continua…

Urquart Castle


Cawdor Castle è uno splendido maniero, per quanto notevolmente ricostruito, circondato da lussureggianti e curatissimi giardini. Il suo nome è famoso perché è uno dei castelli citati nella profezia delle streghe a Macbeth, nella tragedia omonima.

http://www.cawdorcastle.com/macbeth.cfm


Cawdor Castle


Fyvie Castle, nella Scozia orientale, non lontano dalla trafficatissima Aberdeen, richiama ai nostri ricordi la leggenda della dama verde, crudelmente uccisa dal marito che intendeva sposare una donna più giovane. Nella torretta alla sommità della grande scala, dove la Green Lady sarebbe stata rinchiusa, si trova in effetti l’iscrizione incisa nel davanzale, recante il suo nome, D. Lylias Drummond. Il negozio di souvenir al piano terra pare sia oggetto di frequenti visite di una creatura soprannaturale che si divertirebbe, secondo i racconti del personale, a spostare tutti gli oggetti.

Fyvie Castle


Glamis Castle è davvero magico, circondato spesso da brume e nebbie. Il castello più infestato da fantasmi di tutta la Scozia, secondo la leggenda, è anch’esso legato alla storia di Macbeth. Qui fu commesso l’atroce crimine: in queste stanze Macbeth, istigato dalla moglie ambiziosa, uccise il re di Scozia, per usurparne il trono. Le leggende si succedono copiose: la Camera Blu, la tragica storia della Dama Grigia, trovano ambientazione nelle sue stanze poco illuminate. Nella cappella del castello le guide turistiche suggeriscono di non sedersi su una sedia, posta in un angolo buio, perché riservata alla Dama Grigia, che qui tornerebbe a pregare, incapace di staccarsi, anche dopo la morte, da un luogo che tanto amò.



Glamis Castle


La prima volta che sentii nominare questo nome fu in occasione di un mio viaggio nel Connemara, e di una visita alla fortezza di Aughanure Castle, residenza dei bellicosi O’Flaherty che controllarono la zona per centinaia d’anni.



Aughanure Castle

Per questa figura femminile provai un’istintiva attrazione e curiosità, perfettamente motivate dalla sua storia inusuale e da un carattere decisamente testardo. Uno dei nomignoli attribuitole è quello di Grainne Mhaol, in gaelico “la calva”. Racconta un aneddoto che, per il desiderio di seguire il padre in una spedizione in mare aperto, ella prontamente sacrificò i lunghi capelli che avrebbero potuto esser d’intralcio, e vestì abiti maschili. La “regina del mare del Connemara”, come oggi è consacrata alla leggenda, trascorse tuttavia i primi anni della sua esistenza in modo tutt’altro che avventuroso: per quanto attratta, già in età adolescenziale, dalla vita del mare (il padre, leader del clan degli O’Malley, era un navigatore, fatto del resto non inusuale a metà ‘500, quando il richiamo delle terre d’oltreoceano si fece irresistibile per molte nazioni europee) fu obbligata ad un precoce matrimonio con Donal O’Flaherty, membro e futuro leader di un clan rivale, dal quale ebbe tre figli. La sua istintiva attrazione per il mare, sempre frustrata dai genitori, ed in particolare dalla madre, che voleva per lei una tranquilla esistenza da gentildonna, non trovò sbocco almeno sino alla morte del marito. La giovane sposa sedicenne, legata al marito da un matrimonio di convenienza e non d’amore, come sempre accadeva all’epoca, seppe tuttavia guadagnarsi il rispetto degli uomini del clan, prendendo parte attiva ai loro traffici (e, secondo fonti accreditate, sottraendo al marito il comando della flotta, ottenendo una posizione di inusuale spicco per l’epoca). Quando O’Flaherty perse la vita in battaglia, la giovane vedova ritornò alla sua dimora, rientrando in possesso del castello di famiglia sulle sponde del Lough Corrib. La seguirono i tre figli e ben duecento membri del clan O’Flaherty.

Da questo momento, parve dimenticare la sua tranquilla esistenza di sposa e madre, e si interessò sempre più vivamente al commercio e ai rapporti con la corona inglese, con la quale, anzi, ingaggiò un coraggioso “braccio di ferro”. Arricchitasi grazie a traffici, più o meno legittimi, ed entrata in possesso di ben cinque castelli nella contea di Clare, la O’Malley si sentì abbastanza forte da opporsi agli Inglesi. In quegli anni, durante il regno di Elisabetta I Tudor (1558-1603), l’ingerenza inglese nella vita politica ed economica d’Irlanda si fece sempre più marcata, a discapito dell’autorità dei clan locali, e degli O’Malley in particolare. Si racconta che Grace abbia incontrato la sovrana inglese per “mercanteggiare” circa il rilascio di alcuni tra i suoi figli, fatti prigionieri dalle truppe inglesi. Un gesto ardito, visto che ben pochi irlandesi si sarebbero arrischiati a metter piede in Inghilterra, per timore di essere imprigionati o condannati a morte. In cambio della libertà, Grace offrì alla regina la cessazione della pirateria irlandese contro le navi inglesi. Curiosamente, la conversazione avvenne in latino, poiché entrambe ignoravano la lingua dell’altra: Elisabetta non conosceva il Gaelico, e Grace non parlava inglese. A corte, Grace commise parecchie gaffe contrarie alla rigida etichetta reale. Starnutì rumorosamente e, soffiatasi il naso in un elegante fazzoletto di pizzo portole da una dama, non esitò a gettarlo nel fuoco. Dinnanzi all’imbarazzo generale, fece spallucce, ribattendo che era usanza, in Irlanda, sbarazzarsi delle cose sporche. Pare tuttavia che alcune richieste inoltrate dalla O’Malley non siano state ascoltate da Elisabetta. Per una sorta di ripicca, nonostante la tarda età, Grace riprese la sua attività di pirata, sino all’anno della morte, il 1603, stesso anno del decesso di Elisabetta I e della fine della dinastia Tudor.


La storia d’Irlanda è una storia sofferta, di patimenti, privazioni e povertà ancora da esorcizzare. Le distese di torba, in progressivo esaurimento, che lacerano come macchie scure il paesaggio piovoso del Connemara sono lì, a rammentarci che di torba si viveva, quasi unica e preziosissima risorsa in una terra non facile, che non ha mai concesso troppi favori.


Privazioni e torti subiti, già dall’epoca di Enrico VIII. Perché è proprio al 16° secolo che dobbiamo ricondurre le ragioni, storiche ed economiche, di quello strappo, mai completamente ricucito, tra Irlandesi ed Inglesi. Il sovrano Tudor, ebbro dello strapotere autoconferitosi proclamandosi “Capo Supremo della Chiesa Anglicana”, volle carpire anche i monasteri cattolici e le loro ricchezze, che andarono ad aumentare le proprie. Tre secoli dopo, un’altra tragedia. Una ferita profondissima che non ha eguali nella storia dell’isola di smeraldo. La carestia, la “Great Famine” colpisce indistintamente ogni classe sociale, per il totale fallimento dei raccolti di patate, infestate da parassiti. Dopo tre anni consecutivi di raccolti guastati da spore fungine, in Irlanda si muore, letteralmente, di fame. In Inghilterra, oltre il lembo di mare, si assiste, indifferenti, ma il governo non interviene.

Connemara Heritage Centre

C’è un luogo, nel Connemara, in quella terra selvaggia e fiera del Gaeltacht, dove la quasi totalità dei segnali stradali è in Gaelico, che testimonia questa pagina dolorosa. Il Connemara Heritage Centre è la ricostruzione di una fattoria del 19° secolo, con annessa la casupola del fattore, compresi gli arredi, assai poveri, dell’epoca. Una stanzetta misera dove si respira povertà ed odore di muffa.


Gli interni della casa di Dan O'Hara
La casa di Dan O’Hara, quel contadino che, come molti altri, per sfuggire allo spettro della fame e della morte (non dimentichiamo che la carestia decimò oltre un milione di persone) decise, suo malgrado, di lasciare la sua amata Irlanda, alla volta del Nuovo Mondo. Nuovo Mondo che, per la maggior parte degli emigrati irlandesi, non rappresentò mai un Eldorado, una terra promessa. La fatica della traversata, vissuta in condizioni sanitarie disumane, si sommava all’umiliazione del passaggio obbligato ad Ellis Island, con le conseguenti visite ed ispezioni. Una sorta di limbo, una lunga attesa prima di essere ammessi, a tutti gli effetti, negli Stati Uniti. Ma, una volta superato l’ennesimo ostacolo, i contadini del Connemara, tra cui Dan, si trovarono catapultati in una realtà aliena ed incomprensibile. Per chi, come lui, non parlava neppure inglese, ma solo gaelico, si eresse un muro irto di difficoltà. Le strofe della canzone a lui dedicata sono languide e struggenti:

“Sure it' poor I am today,

For God gave and took away,

And left without a home poor Dan O'Hara

With these matches in my hand,

In the frost and snow I stand
So it's here I am today your brokenhearted"


Ed è anche Alan Parker, in quel meraviglioso affresco cinematografico delle miserie d’Irlanda che è “Le ceneri di Angela” a rammentarci, per bocca del narratore, il giovaneFrank Mc Court, che molte famiglie dovevano risalutare Miss Liberty, quel simbolo osannato di riscatto sociale e libertà appena intravisto nel porto di New York, per tornare a capo chino, più poveri di prima, nella madrepatria. I fortunati, se così si possono definire. Per molti, come per Dan O’Hara, la morte in terra straniera, la solitudine, l’umiliazione.


Della serie: coppie improbabili.

Nespresso...what else!


In stato di evidente adorazione del mio eroe, come mi sento piccola...una nana direi.
Uhm, questa coppia mi piace...


Tradotto dal titolo: qualche dritta per diventare dei viaggiatori esperti, evitare figuracce e cavarsela alla grande nel Regno Unito.

A double-decker bus


1) Il volo. Le compagnie low cost, di qualsiasi bandiera, sono free seating, ovvero non esiste il posto numerato. In parole povere, chi sale prima sull'areo, meglio alloggia. Per evitare code infinite all'imbarco, munitevi di una priority boarding card, la carta d'imbarco che vi dà la precedenza sugli altri. E potrete scegliere l'ambito posto accanto al finestrino.

2) La TUBE: per visitare la central London è sufficiente un abbonamento per le zone 1 e 2 della metro. Chiedete la one day travel card (£6.60, aumentata rispetto allo scorso anno, per gli adulti, un pò meno per i ragazzi under 16) e avrete diritto a viaggi illimitati sulla metro e sui bus, sempre nell'ambito delle zone richieste. Chiedete anche la tariffa off peak, ovvero non delle ore di punta. Unico inconveniente, si viaggia a partire dalle 9.30 e non prima. Sulle scale mobili, tenere rigorosamente la destra! La corsia sinistra è riservata a chi sale o scende le scale di corsa. Per orientarsi nel dedalo di linee e stazioni, basta considerare se la nostra meta si trova westbound (cioè verso ovest), eastbound (verso est), northbound (verso nord), southbound (verso sud). La metro è rapida, puntualissima, e con corse ogni 2 minuti. Il percorso overground con i bus è invece, ovviamente, molto più lento anche se panoramico.

3) DOVE ANDARE: per una rapida visita dedicata al culto dello shopping, partite da Piccadlly Circus, e percorrete tutta Regent Street (Apple Store, Burberry, Hamley-mitico negozio di giocattoli con 5 piani-), una breve incursione in Carnaby Street e quindi Oxford Street, la mecca di ogni shopaddict (Selfrigdes, stupendo department store, e tutti i brand possibili dell'abbigliamento, Gap, Mango, Zara etc)

Piccadilly Circus


Oxford Street
Carnaby Street
Ingresso di Selfridges

Regent Street
 E poi, non dimentichiamoci di Covent Garden! Questo magnifico mercatino in stile liberty offre, nella parte iniziale, oggetti di pregio e notevolmente originali.


Ingresso di Covent Garden
Quest'anno è stata la volta delle creazioni in lana di Penny Burdett.



Man mano che ci si inoltra nel mercatino, si trovano invece merci di bassa qualità, vero e proprio ciarpame, eppure non ho saputo resistere al trionfo del kitch e...ebbene sì, ho acquistato il mug con la foto di William e Miss Catherine Middleton, la celeberrima waitie Katie, futura sposa!




Per finire, il mio albergo. In apparenza carino e abbastanza pulito, nonché in posizione centralissima, vicino a Russell Square, ma con camere minuscole, e letti scomodissimi. Nel complesso, lo classificherei tra i donts. Don't go to the Euro Hotel, in sostanza...