
Ma procediamo con ordine.
Quello che vediamo, oggi, sulle rive del Tamigi non è il teatro originale dove Shakespeare lavorò, come drammaturgo e come attore. E' una ricostruzione, per quanto fedelissima, di quel teatro che andò distrutto in un incendio all'inizio del '600. Ricostruzione fortemente voluta da un americano, tale Sam Wanamaker, al quale è dedicata una targa "in memoriam" all'ingresso del teatro. La struttura, in legno e tetto in paglia, era in effetti facilmente preda delle fiamme. Per questa ragione gran parte del Globe è a cielo aperto, senza un tetto vero e proprio: la luce diurna doveva filtrare ed illuminare il palcoscenico, per evitare l'uso di pericolosissime torce (preoccupazione legittima, ma era destino che il Globe finisse distrutto in un incendio). Ne consegue che tutte le rappresentazioni avvenissero durante il giorno, e mai di sera.
Curiosa ed interessantissima la struttura interna del luogo, che condizionò anche il carattere delle opere. Come spiegare, altrimenti, il perché dell'inserimento di scene comiche, al limite del volgare, in tragedie appassionate e tristissime, come il "Romeo and Juliet"?

Il palcoscenico era suddiviso in tre parti: l'apron (che significa letteralmente "grembiule" era la parte sporgente, verso il pubblico), il backstage corrispondeva al "dietro le quinte", dove gli attori si preparavano, ed infine l'upper stage serviva per scene sopraelevate, come la scena del balcone, nel "Romeo and Juliet".
Una curiosità: la prima attrice donna comparirà in una tragedia di Shakespeare, l'"Otello", solo nel 1660, quando i teatri, dopo un ventennio circa di chiusura ordinato dai Puritani, riaprono e rispolverano le grandi tragedie di Will (lo chiamiamo così, affettuosamente...). Eppure, la grande magia dell'epoca elisabettiana era svanita. Da lì a breve, i teatri sarebbero divenuti luogo d'elite, per aristocratici ricchi e viziati, escludendo per sempre i ceti sociali più deboli. Anche i contenuti ne avrebbero risentito. Non è un'eresia dire che, dopo le altissime vette di poesia raggiunte da Shakespeare, il teatro inglese dovrà aspettare tre secoli, sino a fine Ottocento, per ritornare a nuova vita, con personaggi di spicco come Oscar Wilde e George Bernard Shaw.